Titoli SBALLATI! Film di ballo con titoli italiani completamente alterati

    Blog doppiaggi italioti presenta i qualcosa dance, film di ballo con titoli italiani completamente alterati

    La titolazione italiana dei film americani può essere molto ballerina, come abbiamo avuto modo di scoprire in questa mia storica rubrica “titoli italioti“. Spesso i distributori facevano leva su precedenti titoli di grande successo dello stesso genere per orientare o talvolta per gabbare il pubblico italiano (Balle spaziali 2 ce l’ho con te). Nel settembre 1983 arriva nelle sale italiane Flashdance in un’epoca in cui i film sul ballo andavano già alla grande. Dopo il suo grande successo, come è facile prevedere, la parola chiave per il resto del decennio sarebbe stata “DANCE” e i derivativi qualcosa-dance! Ma quanti di questi titoli… saranno famosi? [Dovevo farla questa battuta.]

    Flashdance e i “qualcosa-dance”: lista dei titoli alterati per il mercato italiano

    Ecco la lista dei film di ballo usciti in Italia successivamente a Flashdance, con il loro titolo italiano messo a confronto con il titolo originale. L’anno è quello di uscita nelle sale italiane e la fame di qualcosa-dance era tanta! Il primo e più lampante è CRAZY DANCE. Che in originale si chiama semplicemente… Sandy.

     

    Crazy Dance (titolo originale: Sandy, 1983)

    Locandina del film Crazy Dance del 1983, il titolo originale è Sandy

    Visto del 16 dicembre 1983, distribuzione CINEDAF. Film francese con interprete la cantante Sandy Stevenson. VM 14 “con il divieto della visione a minori degli anni quattordici per il turpiloquio di cui ridondano i dialoghi.“. Già solo per questo vorrei sapere cosa dicevano nell’adattamento italiano. Non penso di aver mai sentito di un divieto ai minori di 14 affibbiato per il solo turpiloquio!

    Immaginiamo di essere nell’anno 1983, Flashdance è già un successo conclamato e arriva questo film su una donna che canta e balla… ed è presto fatto: Crazy Dance. Ma perché “crazy”? Non c’è niente di “folle” nelle scene di questo film francese. Probabilmente voleva essere un richiamo alla parola “Maniac”, della famosa canzone della colonna sonora di Flashdance. Forse chiamarlo Maniac Dance era troppo “sgamato”.

    Locandina originale del film Sandy del 1983, con la foto della cantante sul palco

    La locandina originale di “Sandy” dà tutt’altra sensazione, ma è innegabile che gli artisti italiani fossero imbattibili in quanto a locandine cinematografiche in quei decenni. Delle vere e proprie opere d’arte pop.

     

    Breakdance (titolo originale: Breakin’, 1984)

    Locandina di Breakdance, film del 1984. Titolo originale: Breakin'

    La Cannon Film si butta a pesce sul genere del momento, incassando anche un discreto successo. “Breaking” è il verbo associato alla breakdance (traducibile con “fare/ballare la breakdance”), il titolo arriva in Italia più semplicemente (e sensatamente) come “Breakdance”, che è anche un bel richiamo alla formula qualcosa-dance iniziato da Flashdance. Si sono dovuti allontanare poco in questo caso. Del resto è la Cannon dei cugini Golan e Globus che per prima generava titoli “furbi”. Visto censura 13 luglio 1984.

     

    In punta di piedi – Street Dance (1984)

    Locandina di In punta di piedi - Street Dance, del 1984

    Il 20 luglio 1984 viene concesso il nullaosta al film italiano di Giampiero Mele “In punta di piedi“, ed è una mia teoria (basata sulla grafica della locandina) che il sottotitolo STREET DANCE sia stato aggiunto solo in un secondo momento, durante la post-produzione, dopo essersi assicurati l’uso della canzone Street Dance del gruppo Break Machine. Un’ottima occasione per inserire un qualcosa-dance da qualche parte e sfruttare la parola chiave del momento. In un programma di Paolo Pecora dell’epoca vengono mostrate clip del film, presumibilmente in anteprima. In queste il film viene chiamato semplicemente “In punta di piedi”, questo ad avvalorare la mia ipotesi che la dicitura “STREET DANCE” possa essere stata aggiunta soltanto nelle fasi finali. Compare nel poster e nei titoli di inizio del film.

    Titoli di inizio di In punta di piedi - street dance, registrati dal canale TV Iris

    E nonostante non sia un film importato dagli Stati Uniti, anche questo qualcosa-dance ce lo siamo portati a casa.

     

    Breakin’ – Electric Boogaloo (tit. originale: Breakin’ 2: Electric Boogaloo, 1985)

    Poster locandina di Breakin Electric Boogaloo

    8 marzo 1985, il seguito di Breakin’ arriva sul tavolo della censura italiana. Anche se il distributore è lo stesso, ignora volutamente che il primo film fosse intitolato Breakdance e sfrutta il titolo originale: Breakin’, rimuovendo quel “2”, spacciandolo a prima vista come un film totalmente slegato, almeno per lo spettatore più disattento. Quello che alla vista di un 2 potrebbe dire “ma io non ho visto il primo” e sceglierebbe di vedere altro in sala.

    Parlando del titolo, non posso non menzionare che in America, dopo l’immenso flop che fu questo film, la dicitura in rima “…two, electric boogaloo” divenne quasi da subito uno sfottò per i sequel pessimi. Allo stesso modo in Italia bastava aggiungere “la vendetta” ad un qualsiasi titolo per denigrare il seguito o anche la sola idea di un seguito. Nel nostro paese questo è accaduto grazie a due casi esemplari: Rambo 2 – La vendetta (1985) e Lo squalo 4 – La vendetta (1987). Dopo questi due film (e per tutti gli anni ’90 a seguire) è bastato aggiungere “la vendetta” ad un qualsiasi titolo per fare lo stesso sfottò di “electric boogaloo”. Era un meme dell’epoca, prima ancora che esistesse la parola “meme”.

     

    Scratch Dance (titolo originale: Heavenly Bodies, 1985)

    Locandina del film Scratch Dance, titolo originale Heavenly Bodies

    Il film canadese Heavenly Bodies (=corpi celestiali) dopo aver ottenuto il nullaosta il 30 marzo 1985 arriva nelle sale italiane distribuito da Medusa per poi scomparire PER SEMPRE! Nessuna uscita in VHS, nessun passaggio televisivo a me noto. Scomparso insieme al suo doppiaggio. “Spazzato via dalla furia di Dio” (cit.). Ne conservo una locandina originale (del grande illustratore Enzo Sciotti) e la voglia di ritrovarlo in pellicola 35mm perché casca tra i film bizzarri/divertenti con un doppiaggio perduto. Di nessun valore collezionistico, solo valore “trashistico”.

    Trama: tre donne lasciano il loro impiego per aprire una palestra di aerobica. Ma dopo aver sistemato il locale per la loro attività arriva un avviso di sfratto, è il capitalismo che vuole trasformare tutto in un centro commerciale (o qualcosa del genere) e in qualche modo c’entra una palestra avversaria. Una particolare sfida di aerobica con la palestra avversaria sarà l’unico modo per annullare lo sfratto (???) e chi sviene per ultimo in questa maratona di ballo si tiene l’edificio!

    Non penso serva altro per farvi desiderare la visione di questo film che purtroppo è difficile da recuperare persino in lingua originale! La scelta di intitolarlo “scratch dance” in italiano rimane a me oscura, ma capisco che per i distributori italiani fosse da inserire a tutti i costi nel filone del “qualcosa-dance” in quel momento molto in voga. Lo “scratch” è la tecnica di “graffiare” i dischi di vinile adottata dai DJ per generare suoni ritmici tipici del genere hip hop. Quindi il titolo farebbe ripensare ad una danza hip hop e alla breakdance. Ignoro però se sia mai esistito davvero il termine “scratch dance” del parlare comune del 1985. Anche perché nella (splendida) colonna sonora del film, non c’è una singola canzone hip hop.

    Il titolo tedesco forse rende più chiara questa bizzarra sfida di “ballo”: Himmlische Körper – Aerobic nonstop.

     

    Dance – Voglia di successo (titolo originale: Fast Forward, 1985)

    Dance - voglia di successo. Locandina italiana del film di Sidney Poitier

    Con il nullaosta del 1 agosto 1985 il film Fast Forward di Sidney Poitier viene distribuito nelle sale italiane dalla Columbia Pictures con il titolo Dance – Voglia di successo. Difficile non pensare al più celebre “Saranno famosi”(Fame) di soli cinque anni prima, il sottotitolo “voglia di successo” è concettualmente identico. Non a caso Mario Guidorizzi nella sua guida al cinema americano lo definisce “un Saranno famosi in tono più dimesso”. Paolo Mereghetti nel suo dizionario si esprime così: non si sa se saranno famosi. Di sicuro sono già visti e stravisti. La Stinkers Bad Movie Awards quell’anno lo candida come “film peggiore”, il primo premio tuttavia andò al produttore Irwin Winkler per il suo Revolution (1985) con Al Pacino.

    Questo film segna l’insorgere di un nuovo titolo, quello in cui basta anche solo la parola “dance” e così nella seconda metà degli anni ’80 ai titoli “qualcosa-dance” si aggiungono anche i “dance qualcosa”.

     

    Dance Academy (1987?)

    A proposito di film oscuri! Questa insospettabile produzione RAI del 1987 co-sceneggiata dai fratelli De Angelis (anche noti in campo musicale come Oliver Onions) ottiene il visto censura il 9 ottobre 1987 con il titolo “Dance Academy” e titolo alternativo: “Dance Academy (Scuola di ballo)“. Dunque nel 1987 è pronto per la distribuzione, ma la dicitura “anno edizione 1988” unita all’irreperibilità di una qualsiasi locandina cinematografica e a una documentata VHS RCA Columbia praticamente introvabile mi fanno sospettare che questo film sia andato poco lontano in Italia. Al momento è visionabile su YouTube in lingua inglese, in qualità VHS. Un suo titolo alternativo per l’estero è Body Beat.

    Nel 1989 lo stesso regista (Ted Mather) realizza un seguito inedito in Italia, Dance to Win, prodotto dai De Angelis. Prima di sparire dalla faccia della Terra, Ted Mather dirigerà anche un altro film di ballo, sempre prodotto dai De Angelis, Faith (1990), anche questo inedito in Italia.

     

    Dance Party (The In Crowd, 1988)

    Locandina italiana del film Dance Party del 1988

    Trama: Nel 1965 per i giovani di Philadelphia la massima aspirazione è entrare a far parte del gruppo di danzatori che Perry Parker addestra, guida e presenta in televisione.

    Il titolo italiano Dance Party (titolo originale: The In Crowd) è un’invenzione per alcuni mercati esteri (Italia, Brasile, Grecia, Spagna, Germania). La parola “in” del titolo originale è stata certamente scelta pescando dai colloquialismi nati dai giovani degli anni ’60 e lo stesso si può dire della parola “party” del titolo italiano (ricordate Hollywood Party del 1968?), a patto però di sapere a priori che il film è ambientato in quegli anni, altrimenti è facile che il titolo Dance Party possa “scomparire” tra i tanti titoli dance-qualcosa o qualcosa-dance che hanno riempito le sale italiane per un decennio.

    Esiste in VHS e in qualche sito illegale è addirittura acquistabile anche in DVD (non ufficiale), ma se lo acquistate fate piangere mamma SIAE.

     

    L’originale Erotic Dance (Lambada, 1990)

    L’unica immagine esistente. Sì, quella in locandina è Jan di The Office

    Dopo il “divorzio” dei due cugini fondatori della Cannon Film, Golan e Globus, in una mossa poco lungimirante e per niente infantile, decidono di competere l’uno contro l’altro nella produzione di due film di ballo che sfruttassero il successo della canzone “Lambada” dei Keoma del 1989. Yoran Globus produrrà il film intitolato Lambada, che però non aveva i diritti di usare la canzone Lambada, mentre il cugino Menahem Golan produrrà e farà uscire in contemporanea The Forbidden Dance che invece aveva la ambita canzone ‘Lambada’ nella colonna sonora ma non il diritto di usare la parola ‘Lambada’ nel titolo del film. Problema ovviato da un comico adesivo riportante un avviso di questo tipo: “con la veramente vera canzone dei Kaoma”.
    Entrambi i film andarono malissimo al botteghino.

    L’arrivo di Lambada in Italia si fa inutilmente complicato.

    Il film Lambada prodotto da Globus arriva in Italia (visto censura 30 marzo 1990) con un titolo che forse un giorno qualcuno ci spiegherà: L’originale Erotic Dance. Di questo esistono solo le locandine cinematografiche perché successivamente la versione italiana sembra sparire dalla faccia della Terra. A complicare le cose, in anni più recenti ci si mettono anche i siti web che lo riportano un po’ ovunque con un titolo alternativo: Il ballo proibito. Questo non può che generare confusione nell’utente che cerca informazioni sui due film, visto che The Forbidden Dance prodotto da Golan è arrivato nelle sale italiane e in VHS come… Il ballo proibito.

    Locandina del film Il ballo proibito, del 1990

    Vi fa male la testa? Lo capisco. Che io sappia, Lambada prodotto da Globus non si è MAI chiamato Il ballo proibito. È solo un errore propagatosi ai tempi di internet che sarà partito da un singolo utente comprensibilmente confuso dai due film usciti in contemporanea sullo stesso tema.

    Voglio aggiungere ulteriore confusione avvisando che questi film non sono da confondere poi né con Salsa (1988), prodotto quando ancora i cugini lavoravano insieme sotto il marchio Cannon Films, né con Lambada (1990) di Giandomenico Curi, con visto censura datato 22 marzo 1990, quindi precedente a quelli di Golan e di Globus. Il sospetto è che “L’originale Erotic Dance” abbia questo titolo italiano proprio perché Giandomenico Curi gli aveva “soffiato” il titolo “Lambada” neanche 8 giorni prima. Il che sarebbe una specie di giustizia poetica visto il modo di lavorare dei cugini Golan-Globus.

    Ma la scelta del titolo “ballo proibito” c’entra qualcosa con Dirty Dancing – Balli proibiti del 1987? Di sicuro ha aiutato il fatto che già in originale ci fosse la parola “forbidden” (proibito) nel titolo, questa coincidenza deve aver dato ai distributori italiani una sorta di lasciapassare morale. “È come se fosse una licenza di rubareè la licenza di fare qualsiasi cosa”. Se avete capito la mia sottile citazione da Quei bravi ragazzi siete miei amici.

    Tra i film pornografici di quello stesso anno, menziono Lambada bestiale (visto censura giugno 1990). Decisamente un anno caldo per la lambada.

     

    Combat Dance – A colpi di musica (Rooftops, 1990)

    Combat Dance - A colpi di musica

    Dopo 10 anni dal primo film di Star Trek (1979), il regista di West Side Story, Robert Wise, torna alla regia con Rooftops (1989), film presumibilmente danzereccio su gang di New York che si sfidano a colpi di ballo (dai tetti? Per questo si chiama rooftops? Boh). Rooftops arriva in Italia un anno dopo (visto censura del 3 giugno 1990, uscito al cinema l’11 agosto), ottenendo lo stesso successo che aveva avuto in patria. Nessuno.

    La Cecchigori lo distribuisce con il titolo “qualcosa-dancesco” di Combat Dance – A colpi di musica. Il ballo da combattimento a cui si riferisce il titolo italiano è il capoeira brasiliano, quindi più che ballare in questo film se menano. Il blog amico Il Zinefilo di Lucius Etruscus, nell’articolo Combat Dance (1989) Amore e capoeira, lo definisce “la prima ed unica vera storia che parla davvero di amore e capoeira.” ma anche “una noia mortale”. E se lo dice l’esperto di film di serie Z, vi dovete spaventare. Come documentato da Lucius, la storia home video di Combat dance inizia al cinema e termina in VHS, che comunque è molto più di quanto abbiano avuto altri film di questa lista.

    Lucius, ti rubo la schermata del titolo italiano, per cultura!

    Andatevi a leggere l’articolo di Lucius sull’unico film di amore e capoeira.

     

    Sesso supersexy in Fleshdance (Fleshdance, 1990)

    Locandina del film pornografico Sesso Supersexy in Fleshdance

    Devo chiudere con un film per adulti quindi mandate a letto i bambini. Sto parlando di Fleshdance, un film porno del 1985 arrivato in Italia nel 1990. A chi ha familiarità con la lingua inglese non sfuggirà l’ironia di essere stato distribuito dalla D.I.C. (si pronuncia esattamente come dick, “cazzo” in inglese). Non posso esimermi dallo spiegare che la parola “flesh”, cioè “carne”, è sempre stata associata ai titoli pornografici di lingua inglese. Quelle piccole storpiature comiche che esistono sicuramente in tutte le lingue (“casalinga – casalinGUE!” cit.). Il titolo più famoso tra questi flash trasformati in flesh è sicuramente Flesh Gordon – Andata e ritorno… dal pianeta porno, ma qui divaghiamo. In Italia arriva con il comico scioglilingua Sesso Supersexy in Fleshdance di cui mi sfugge un po’ il senso ma forse non doveva averne. Di sicuro la sua forza sta nelle allitterazioni.

    La locandina di Sesso Supersexy in Fleshdance (tre secondi di orologio per dirlo per intero) l’ho trovata in un servizio giornalistico su uno dei pochi cinema pornografici ancora esistenti. Reliquie non facili da trovare evidentemente.


    Con gli anni 90 finisce la mania dei titoli qualcosa-dance. Sarebbero ritornati copiosi negli anni 2000, ma solo perché il genere è tornato di moda (almeno per i più giovani) in un’epoca in cui non si traducono più i titoli, quindi una qualsiasi “qualcosa dance” originale rimarrebbe tale e quale in italiano.

    I qualcosa-dance omessi

    I titoli volutamente ignorati quando ho stilato questa lista sono: Dance Music (1984) di Vittorio De Sisti, i documentaristici Dance Craze (1981) e Dance Factory (1982); poi ho ignorato Slamdance – Il delitto di mezzanotte (1987) che, come suggerisce il sottotitolo, è un thriller e non un film “di ballo” (titolo originale: Slam Dance); Boogie Dance (1988) perché il titolo originale è identico, sebbene in italiano si aggiunga un secondo titolo “Nome di una figura”. Square Dance – Ritorno a casa (1988) è un altro qualcosa-dance che però non casca nel filone di ballo, si tratta invece di un drammatico-sentimentale con Winona Ryder, parla di una ragazza di campagna e dei suoi problemi ad adattarsi alla vita in città. Lo “Square dance” del titolo originale (e di quello italiano) non è altro che la quadriglia, ballo adorato dai campagnoli americani di origine europea.

    Abbiamo finito.

    Scena di flashdance con il gabibbo che dice splash

  • Indiana Jones e l’ultima crociata… questo doppiaggio dovrebbe stare in un museo!

    Locandina italiana di Indiana Jones e l'ultima crociata

    Per Indiana Jones quella del 1989 sarà stata anche l’ultima crociata, ma per me è stata la prima introduzione alla trilogia e il primo film posseduto in VHS (alla modica cifra di 49,900 lire dei primi anni ’90, facciamo come se fossero 50 euro oggi) ed è uno di quei film imparati ovviamente a memoria – battute, modo di recitare, voci, tutto! – così come successe pochi anni dopo con un altro film di Spielberg, Jurassic Park (di cui ho già parlato). L’adattamento e il doppiaggio di Indiana Jones e l’ultima crociata giocano nello stesso campionato di film come Jurassic Park e Batman (sempre del 1989), anche questo già approfondito da queste parti con grande apprezzamento degli addetti ai lavori. Riscoprire il terzo Indiana Jones oggi, dopo più di un decennio, ora che tra l’altro lavoro come dialoghista insieme ad alcuni dei protagonisti di questo stesso film (!), mi ha fatto riscoprire un doppiaggio che, senza esagerazioni, “dovrebbe stare in un museo“. E non lo dico per nostalgia, è un dato di fatto, doppiaggi così non si fanno più. Non perché oggi non ci siano doppiatori capaci, semplicemente non viene dato loro lo stesso tempo di lavorazione di 30 anni fa. Questa infatti è una delle rivendicazioni del recente sciopero dei doppiatori che dovrebbe interessare chiunque guardi film doppiati, soprattutto coloro che dicono “non ci sono più i doppiaggi di una volta”.

    L’adattamento italiano di Indiana Jones e l’ultima crociata

    Nel 1989 c’era ancora modo di lavorare come si deve e il terzo capitolo di Indiana Jones ne è l’ennesima riprova. Anche il suo adattamento è così ben fatto da rimanere invisibile ai più. Gli adattamenti buoni, come ho sempre detto su questo blog, restano invisibili. Sono l’ultima cosa che il pubblico nota e sono l’ultima cosa dovrebbe notare. Chi conosce questo film potrebbe non aver mai neanche pensato a Indiana Jones e l’ultima crociata come esempio di alcunché se non di un ottimo capitolo finale di un’amata trilogia scritto in modo brillante, tanto che per alcuni fan è diventato il capitolo preferito. Quanti terzi film di una trilogia possono dire lo stesso? Ebbene il copione italiano e la recitazione accompagnano alla perfezione la brillantezza del film.

    Le battute memorabili si sprecano, ma qui approfondirò invece alcune delle curiosità sull’adattamento italiano che ho notato in questa recente rivisitazione. Tra queste, anche qualche svista ed errori che rimangono comunque marginali, perché quando abbiamo tra le mani la perfezione si può solo guardare al pelo nell’uovo. E in questo terzo Indiana Jones pure i peli sono buoni.

    Il “mi arrangerò” di Indiana Jones (ricorrente solo in italiano)

    L’intero prologo del film ruota intorno ad un Indiana Jones adolescente – interpretato dal compianto River Phoenix – che durante un’escursione con gli scout nel deserto dello Utah incappa in uno scavo illecito di un gruppo di tombaroli e tenta di impedire il furto di un prezioso artefatto, la croce di Coronado (inventata per il film). Gli sceneggiatori qui si divertono con la premessa di un giovane Indiana Jones, e fanno divertire anche i fan creando una serie di situazioni che spiegano come Indiana Jones sia diventato l’eroe che conosciamo dai precedenti due film: la caduta in un contenitore pieno di serpenti che dà origine alla sua ofidiofobia, il primo uso maldestro della frusta che porta alla ferita sul mento, l’abbigliamento di uno dei tombaroli (quello chiamato Garth o “Fedora”) che fa da prototipo per l’abbigliamento di Indiana Jones adulto, incluso il cappello di feltro che Indy riceve come premio di consolazione. Oggi questa cosa viene chiamata “origin story” ed è uno stratagemma narrativo abusatissimo di tanti “prequel” non richiesti, ma per l’epoca era ancora innovativo e con un precedente affine di pochi anni prima: il film Piramide di paura (Young Sherlock Holmes, 1985), che in maniera simile inventava un’apocrifa storia delle origini di Sherlock Holmes (autorizzata dai discendenti di Arthur Conan Doyle). Anche quel film è stato prodotto da Steven Spielberg e non credo che sia un caso.

    Nella mini-storia delle origini con cui apre Indiana Jones e l’ultima crociata abbiamo una battuta che è un rimando a I predatori dell’arca perduta, ma è un rimando solo nella versione italiana. Viene fuori quando il giovane Indy dà istruzioni al compagno scout, Herman, di tornare in città ad avvertire lo sceriffo:

    Herman: Tu cosa pensi di fare?
    Indy: Non lo so, ma mi arrangerò.

    Scena da Indiana Jones e l'ultima crociata, Indy dice: in qualche modo mi arrangerò

    Il rimando è al dialogo tra Sallah e Indy nei I predatori dell’arca perduta:

    Indy: Io inseguo quel camion.
    Sallah. Come?
    Indy: Non lo so, in qualche modo mi arrangerò.

    Ma come accennavo, è un rimando solo nel copione italiano, perché le due frasi in lingua originale sono diverse:

    Herman: What are you gonna do?
    Indy: I don’t know, I’ll think of something.
    (Indiana Jones e l’ultima crociata, 1989)

    Sallah: How?
    Indy: I don’t know, I’m making this up as I go.
    (I predatori dell’arca perduta, 1981)

    Scena da I predatori dell'arca perduta in cui Indiana Jones dice: mi arrangerò

    I predatori dell’arca perduta (1981)

    Non ci è dato sapere se la battuta nel terzo Indiana Jones sia un omaggio intenzionale al primo film oppure la semplice coincidenza di due frasi differenti che in fase di adattamento sono state tradotte con la stessa espressione italiana da dialoghisti diversi (Alberto Piferi nei Predatori, Roberto Rizzi nell’Ultima crociata). Ma certamente fa piacere constatare che in italiano questa battuta richiami il primo film più di quanto non faccia in lingua originale. Chi lo ha visto sempre in italiano potrebbe non aver mai notato che in origine non si trattava della stessa battuta, o magari questo rimando al primo film (voluto o no) è sfuggito completamente. Essere appassionato della trilogia di Indiana Jones in aggiunta all’essere esperto di adattamenti qui aiuta molto.

    Il “son of a…” rimasto in inglese

    Sembra che in italiano manchi una piccola battuta nel prologo del film e non se n’è mai accorto nessuno, bisogna avere l’orecchio per la lingua inglese per farci caso. La scena è quella del giovane Indiana Jones che, a bordo di un treno del circo, fugge dai tombaroli. Arrivato all’ultimo vagone, quello con l’insegna “Magic” (“Magico!”, cit.). Indy si nasconde nel baule da illusionista e quando il personaggio di Garth (doppiato da Marco Mete) si avvicina intimando a Indiana Jones di venir fuori, il baule si smonta rivelandosi vuoto. Indy in qualche modo è sfuggito. È qui che Garth esclama: “Son of a…!” (cioè “figlio di…!”). E questo “son of a…” lo sentiamo anche nella traccia italiana.

    Scena da Indiana Jones e l'ultima crociata. Garth doppiato da Marco Mete. Nel doppiaggio italiano rimane l'espressione inglese "son of a" non doppiata.

    “Son of a…!”

    Si tratta per caso dell’ennesimo caso di frammento audio perso in una riedizione moderna del film? Del resto, abbiamo già trovato casi simili in film altrettanto famosi come Batman, Dracula di Bram Stoker, Terminator…, tutti film che in DVD e Blu-Ray si perdono dei pezzi di audio del doppiaggio italiano, quindi non sarebbe una sorpresa. Avendo visto L’ultima crociata nella sua versione più recente, l’edizione 4k, sono andato a verificare la stessa scena sulla piattaforma di streaming Disney+ trovando anche lì lo stesso “son of a…” nella traccia italiana. Sono poi passato alla prima edizione DVD, e anche lì la battuta rimane in inglese. Per completezza ho tirato fuori la mia VHS da 49,900 lire – solitamente l’ultimo formato ad avere l’audio cinematografico inalterato – e anche in VHS ho sentito il “son of a…!”. Era mia ipotesi che la battuta fosse semplicemente sfuggita a chi ha trascritto i dialoghi in inglese e che di conseguenza fosse sfuggita anche al dialoghista, scambiata per una reazione di rabbia (per gli addetti ai lavori: un “verso”).

    Ma si tratta davvero di una battuta che non è mai stata doppiata? L’amico Andrea Ciaffaroni — che ha accesso ad una copia del copione italiano destinato ai doppiatori — conferma la presenza della battuta “Figlio di puttana!”. Quindi è molto probabile che sia stata doppiata e che al cinema questa battuta fosse presente. Non è chiaro perché sia andata perduta già ai tempi della prima VHS. Ad oggi non è presente in alcuna edizione home video e si tratta a tutti gli effetti di un pezzo di doppiaggio perduto per sempre che potrà essere ritrovato soltanto recuperando la pellicola 35mm.

    Una mancanza che non ha portato alcun danno, visto che finora nessuno aveva mai notato questa battuta lasciata in inglese, scambiata probabilmente per verso di stizza dallo spettatore italiano. Ma adesso che sapete cosa sentire ce lo sentirete anche voi.

    “Allora, piccolo, esci dal baule, avanti! Son of a…”

    Dal labiale si può anche notare che sul set l’attore aveva esclamato “son of a bitch!” per intero. Ma in fase di missaggio audio hanno coperto con la musica quel “buona donna” finale. 😉
    Un grazie ad Andrea che nei commenti a questo articolo ha gettato un po’ di luce sui dietro le quinte e su questo buco audio.

    Doctor Jones diventa Professor Jones

    Si può notare in questo terzo capitolo una scelta deliberata del dialoghista di tradurre sempre “Doctor Jones” come “Professor Jones”, mentre in tutti i precedenti film era sempre stato “dottor Jones”. Per quanto accurato (di fatto Indiana Jones è un professore di archeologia), mi sfugge la logica di questa scelta. Ho pensato inizialmente che potesse essere dettata dell’esigenza di non rovinare la sorpresa del “professor Schneider” (“doctor Schneider” in inglese) che si rivela poi essere una donna, perché avrebbe dovuto chiamarsi “dottoressa” e non “dottore”, ma non potremmo dire lo stesso di “professor”? Questa non può essere la spiegazione. Dunque posso solo arrivare alla conclusione che la scelta di cambiare dottore con professore sia una preferenza personale del dialoghista.

    Questo cambio da “doctor” a “professore” però porta a far scomparire in italiano la piccolissima battuta che Donovan fa all’ufficiale delle S.S. in riferimento alla professoressa Schneider: “Always do what the doctor orders.“, che in inglese suona come un invito a seguire “gli ordini del dottore”, quindi come si dice per le indicazioni di un medico (es. nelle frasi tipiche come “non te l’ha mica ordinato il dottore…”). Nel doppiaggio italiano diventa “Faccia sempre quello che ordina il professore.“, quindi una traduzione che non tiene conto di questo doppio senso ironico, perché avendo sostituito tutti i “doctor” con “professore”, la battuta in questione non può funzionare allo stesso modo.

     

    “Sto sorvegliando il tavolo”, una svista nella traduzione

    Tutti gli scambi di battute tra Indiana Jones e il padre, Henry Jones (Sean Connery doppiato da Pino Locchi), sono spassosi in entrambe le lingue, con alcune frasi di Sean Connery recitate in modo più divertente in italiano ed altre che restano più divertenti in inglese, e per questo vi esorto almeno una volta a guardarlo anche in lingua originale. Tra le mie preferite c’è quel “Magnifico!” di Pino Locchi su Henry Jones quando Indy dice al padre di usare l’accendino per bruciare le corde con cui sono stati legati alla sedia nel castello di Brunwald.

    Sean Connery in Indiana Jones e l'ultima crociata che sorride e dice "magnifico".

    “Magnifico!”

    Questo è l’inizio di una delle sequenze più comiche del film, in cui la totale inadeguatezza del padre di Indy per qualsiasi impresa avventurosa porta alla caduta dell’accendino, all’incendio del tappeto e poi dell’intero salone. Quindi complicando ulteriormente situazioni già critiche.
    La scena è resa comica dalla reazione diametralmente opposta dei due personaggi: il padre che con estrema calma esclama: “Devo dirti una cosa. Il pavimento brucia. Vedi? E anche la sedia.” e la reazione di immediato panico di Indiana “Moviti! Muoviti! Forza!“.

    Indiana Jones e suo padre legati a una sedia mentre la sala del castello brucia intorno a loro.

    È qui che Henry Jones, guardando l’incendio che si propaga, aggiunge:

    Sto sorvegliando il tavolo.

    Frase che ho sempre trovato comica ma un po’ inspiegabile, o almeno, lo è stata fino all’uscita di Indiana Jones in DVD nel 2003, quando finalmente ebbi modo di vederlo in inglese per la prima volta. Nessuno ne ha mai parlato prima d’ora quindi lo faccio io. La frase originale è:

    It’s scorching the table.

    Letteralmente “(il fuoco) sta bruciando il tavolo”, ma nel contesto di questa scena potrebbe essere tradotto semplicemente come “sta arrivando al tavolo”. Allora perché è diventato “sto sorvegliando il tavolo”? È una modifica strana in un copione che per il resto viene adattato sempre alla perfezione. La mia spiegazione (inedita) è che sia dovuto ad un errore di trascrizione, a monte del processo di adattamento in italiano. Nella scena in lingua originale infatti, per via dei tanti rumori e della musica, potrebbe sembrare che Henry Jones dica effettivamente: I’m watching the table, che per l’appunto si traduce molto bene con “sto sorvegliando il tavolo”. Questa svista in fase di trascrizione dei dialoghi originali (di solito fatta da persone che hanno questo specifico incarico, e non dal dialoghista) ha plausibilmente portato a quel “sto sorvegliando il tavolo”.

    Un errore che però regala una battuta in più nel copione italiano. È una battuta comunque fedele al personaggio del padre impacciato che sentendosi impotente davanti all’incendio da lui stesso creato risponde all’esortazione a muoversi con un “sto sorvegliando il tavolo”, come a dire “anche io sto facendo qualcosa” e giustificare il perché non si muovesse celermente. Così almeno ho sempre interpretato questa battuta che rimane tra le mie preferite in italiano, anche se completamente inventata a derivante da un (umanissimo) errore di ascolto.

    Ancora una volta potreste chiedermi: ma ai dialoghisti non viene fornito il copione originale? Ce lo eravamo già chiesti per uno dei seguiti di Halloween dove il “festival di Samhain” diventava “la festa di Lussawan” e la risposta che vi posso dare è sempre la stessa: magari ci fornissero i copioni originali! Da dialoghista confermo che non è mai il caso. Non lo è adesso come non lo era nel 1989. Piuttosto ci sono delle figure “intermedie”, diciamo così, che trascrivono le battute sentite nel film e ricreano il copione in inglese che poi qualcun altro (il dialoghista) adatterà in italiano. Capite dunque che, per quanto sia raro che sviste simili arrivino fino all’adattamento, l’errore umano è sempre dietro l’angolo, soprattutto in scene molto rumorose. E può succedere che il dialoghista si fidi un po’ troppo dell’orecchio di chi ha trascritto i dialoghi originali. Ed è così che un fuoco che “sta arrivando al tavolo” diventa un “sto sorvegliando il tavolo”. Se non ve le racconto io queste cose…

    Sean Connery durante la scena dell'incendio in Indiana Jones e l'ultima crociata

    “Aaaand the chair!” (battuta da ascoltare in inglese)

    “Ehi, torna indietro!”

    Durante il prologo c’è una frase urlata a pieni polmoni da Vittorio Stagni, il doppiatore del giovane tombarolo chiamato Roscoe che grida: “Ehi, torna indietro!” (Hey, come back here!). In quel momento però né Roscoe né nessun altro dei tombaroli apre bocca.

    Tombaroli in Indiana Jones e l'ultima crociata

    I tombaroli chiamati: ‘Half Breed’, Garth alias ‘Fedora’ e Roscoe

    E questi sono problemi che emergono soltanto ad una visione in alta definizione UltraHD perché chi cavolo l’ha mai vista la bocca di personaggi ripresi così da lontano in VHS o in DVD?!? Ma neanche in sala nel 1989 godevano della definizione che oggi possiamo avere in tutta comodità nel nostro salotto di casa. Anche in inglese quella battuta è aggiunta fuori campo, ma non si nota perché casca proprio su un cambio di inquadratura. In italiano invece arriva molto prima, rendendo questa aggiunta posticcia ancora più palese, ma solo oggi, in 4k e più di 30 anni dopo!

    “Più vicini di così, si muore!”

    Scena da Indiana Jones e l'ultima crociata aeroplano nazista che spara all'auto con Indy e il padre

    Un altro di quei momenti che non possono non strappare una risata, soprattutto nella versione italiana, arriva durante la fuga dei due Jones, padre e figlio, a bordo di un’auto mentre due caccia della Luftwaffe cercano di sforacchiarli. Dopo lo scambio di battute “Tutto ciò è intollerabile!” / “E anche molto vicino!“, uno dei caccia all’inseguimento finisce per imboccare un tunnel insieme all’auto, diventando così un bolide in fiamme che sorpassa l’auto a pochi centimetri di distanza per poi esplodere poco dopo.

    Sequenza dell'aeroplano nella galleria in Indiana Jones e l'ultima crociata

    Scampato questo pericolo, Henry Jones ride dicendo “well, they don’t come any closer than that!” (essenzialmente un “più vicini di così è impossibile”), adattata alle perfezione con “più vicini di così, si muore!“. Quasi in risposta a questa battuta, l’altro caccia di cui ci eravamo temporaneamente dimenticati sgancia una bomba che emette il classico fischio da cartone animato ed esplode sulla strada davanti a loro, aprendo una voragine in cui si schianta l’auto dei due Jones.

    Più vicini di così si muore, una battuta dai dialoghi dell'adattamento italiano di Indiana Jones e l'ultima crociata

    Originale: Well, they don’t come any closer than that!
    Doppiaggio: Più vicini di così, si muore!

    Scena della bomba sganciata sull'automobile in Indiana Jones e l'ultima crociata

    E quanto è familiare in italiano questa espressione che, seguita dal comico sgancio della bomba, rende quel “si muore” (assente nell’espressione inglese) ancora più comico. Motivo per cui funziona molto meglio in italiano. È simpatica in inglese, divertente in italiano.

    E carro tanke! / Ah, bitte!” – Adattare anche l’impossibile… con stile

    Sultano di Hatay nel film Indiana Jones e l'ultima crociata

    Sultano: …desert vehicles and tanks!
    Donovan: You’re welcome.

    Sultano: …veicolo di deserto e carro tanke!
    Donovan: Ah, bitte!

    In cambio di un’automobile di lusso, il sultano della Repubblica di Hatay offre ai nazisti provviste, rifornimenti, auto e addirittura un carro armato. In inglese Donovan lo prende un po’ in giro con un “you’re welcome” (ovvero “prego” in inglese) in risposta a quel “tanks“, cioè carro armato detto con una esse di troppo di una pronuncia imperfetta che lo fa sembrare “thanks” (=grazie). È una risposta scema come tutte quelle di Donovan, ma fa capire il personaggio e in italiano è stata adattata, perché ovviamente non avrebbe avuto senso sentire “prego” in risposta a “carro armato”.

    Quindi hanno lasciato la parola “tank” con l’aggiunta di una “e” finale per renderlo simile al “danke” (grazie) tedesco – e hanno usato “bitte!” (prego) come risposta per far capire la battuta. Ci ricorda e sottolinea inconsciamente che l’americano Donovan è un collaborazionista dei nazisti. Alla fin fine, in entrambe le lingue risponde con un “prego” preservando la battuta. Per chi fa questo mestiere, queste gag basate sulla lingua sono delle trappole mortali e il dialoghista qui se l’è cavata nel migliore dei modi e con stile. La bravura dei dialoghisti sta anche nel farsi venire in mente questo genere di soluzioni.

    “Dovrebbe stare in un museo!”

    Quanti terzi film di una serie possono dire di aver generato frasi che rimarranno nella cultura popolare per sempre? Indy dice “dovrebbe stare in un museo” (it belongs in a museum) per la prima volta solo nell’Ultima crociata. Eppure è tra le frasi più memorabili quando si ripensa al personaggio. Chi conosce il film a memoria come me, sa anche la risposta che segue:

    il personaggio chiamato Panama, da Indiana Jones e l'ultima crociata

    E così lei!!!

    E così lei!” risponde l’odioso personaggio chiamato “Panama”, doppiato da un bellissimo Sandro Sardone. Pochi istanti dopo urlerà comicamente “uaargh!” quando viene menato da Indiana Jones [nota: l’urlo che sentiamo in italiano è quello dell’attore in lingua originale, ma la sua voce è identica a Sandro Sardone che infatti è perfetto su quel ruolo ]. Questo film regala gioie anche nelle piccole cose.

    Ma bando alle ciance, ché di citazioni da questo film si potrebbe scrivere un intero articolo. Veniamo alla scheda di doppiaggio e concludiamo questa esplorazione nelle curiosità dell’adattamento italiano di Indiana Jones e l’ultima crociata.

    Scheda di doppiaggio di Indiana Jones e l’ultima crociata

    Direttore di doppiaggio: Manlio De Angelis

    Dialoghista: Roberto Rizzi

    Studio di doppiaggio: C.D.C.

    Supervisione all’edizione italiana: Claudia Gvirtzman Dichter

    Il cast di doppiatori

    Michele Gammino: Henry Jones Jr. alias Indiana Jones (Harrison Ford)
    Pino Locchi: Henry Jones (Sean Connery)
    Sergio Tedesco: Marcus Brody (Denholm Elliot)
    Fabio Boccanera: Indiana Jones da giovane (River Phoenix)
    Isabella Pasanisi: Elsa Schneider (Alison Doody)
    Renato Mori: Sallah (John Rhys-Davies)
    Cesare Barbetti: Walter Donovan (Julian Glover)
    Francesco Vairano: Colonnello Vogel (Michael Byrne)
    Nino Prester: Kazim (Kevork Malikyam)
    Giorgio Piazza: il cavaliere del Graal (Robert Eddison)
    Marco Mete: Garth alias ‘Fedora’ (Richard Young)
    Vittorio Stagni: Roscoe (Bradley Gregg)
    Franco Chillemi: Sultano di Hatay (Alexei Sayle)
    Max Turilli: Ufficiale delle SS (Luke Hanson)
    Sandro Sardone: “Panama” (Paul Maxwell / Tim Hiser)
    Cristina Boraschi: Irene (Julie Eccles)
    Lucio Saccone: Signor Havelock (Larry Sanders)
    Claudio Fattoretto: “Half-breed” (Jeff O’Haco)
    Vittorio De Angelis: agente tedesco a Iskenderun (Wayne Michaels)

    Titoli di coda di Indiana Jones e l'ultima crociata con la scheda di doppiaggio. Dialoghi di Roberto Rizzi, doppiaggio eseguito presso la International Recording, direttore del doppiaggio Manlio De Angelis e la lista dei doppiatori è identica a quella pubblicata sul sito antoniogenna.net

    La scheda di doppiaggio dei titoli di coda di Indiana Jones e l’ultima crociata. Dalla mia copia VHS.

    Alcune note sui doppiatori

    Rispetto ai predatori dell’arca perduta è da notare il cambio di “Sergio” su Marcus Brody, da Sergio Rossi che lo doppiava nei Predatori a Sergio Tedesco nell’Ultima crociata. Ritorna invece Renato Mori su Sallah, un abbinamento che rimarrà indiscusso anche decenni dopo, con il nano Gimli nel Signore degli Anelli e praticamente fino alla scomparsa di Mori. Ovviamente torna Michele Gammino su Harrison Ford, dopo quella parentesi di Indiana Jones e il tempio maledetto in cui era doppiato da Luigi La Monica e che dopo cinque capitoli possiamo dire essere stata l’anomalia della serie. Ma questo lo potevamo dire già al terzo capitolo. Il pubblico italiano associa Harrison Ford alla voce di Michele Gammino, difficile negarlo. Con tutto il rispetto per Luigi La Monica, che secondo me ha fatto comunque un ottimo lavoro sul Tempio maledetto, l’abbinamento Ford-Gammino è una di quelle combinazioni riuscitissime nel mondo del doppiaggio italiano che viene da domandarsi: perché pensare di cambiarlo?
    Ultima nota curiosa: Vittorio Stagni (voce di Lord Casco in Balle spaziali, Dennis Nedry in Jurassic Park, etc) all’età di 52 anni doppia il tombarolo adolescente Roscoe, interpretato da un attore 23enne. Quell’uomo poteva tutto.

    In conclusione

    I fan più arditi dei Predatori dell’arca perduta forse non hanno mai amato la svolta “comica” dei seguiti di Indiana Jones, in particolare di questo terzo capitolo che trasforma Marcus in un buffone che si perde nel suo stesso museo. È anche il capitolo che dà a Indy il nome di un cane, non dimentichiamolo. La locandina stessa avrà fatto storcere qualche naso all’epoca con quello slogan “questa volta si porta papà” [perfetta traduzione di This time, he’s bringing his Dad], ma non si può negare che questo film sia puro divertimento dall’inizio alla fine. Ed è divertimento voluto, a differenza delle cose imbarazzanti che sarebbero arrivate 20 anni dopo e che fanno ridere non intenzionalmente. Che sia del tutto intenzionale lo sa Spielberg, che mette in scena una perfetta “buddy comedy” con due personaggi agli antipodi come l’avventuriero Indy e il padre-topo di biblioteca, lo sa lo sceneggiatore che scrive loro le battute – una più memorabile dell’altra – e lo sa persino l’effettista dei suoni, che in questo film monta più volte effetti sonori presi dai cartoni animati (e forse non ci avevate neanche mai fatto caso).

    In questa armonia di intenzioni, che oggigiorno sembra essere diventata dannatamente impossibile da ottenere dai film di Hollywood, l’adattamento italiano lavora in concerto con gli autori e lo stesso fa anche il doppiaggio che – porcaccia la miseria – è perfetto in ogni battuta, intonazione, appoggio, accento… con i migliori doppiatori per quei personaggi; è un altro di quei doppiaggi che oggi sarebbero impossibili da replicare, per i motivi già detti all’inizio. Il miglior epilogo possibile della saga di Indiana Jones, adattato e doppiato al meglio delle possibilità, con piccole sviste perdonabili.

    Scena finale di Indiana Jones e l'ultima crociata, cavalcata verso il tramonto

    Non è bello quando le TRILOGIE… finiscono??

  • Il finto PORKY’S 2 e i suoi due titoli… PARACULISSIMI!

    Locandina del film I paraculissimi - Porki's numero 2

    Siamo di nuovo ai sequel apocrifi, titoli inventati dai distributori italiani per ingannare lo spettatore. Nel 1982 è stato inventato in Italia un Porky’s 2 prima del vero Porky’s 2 (arrivato poi nel 1983). Sto parlando di King Frat di Ken Wiederhorn, commedia del 1979 che fa palesemente il verso ad Animal House (del 1978) e in Italia assume il titolo di I PARACULISSIMI – PORKI’S N2. con cui arriva anche in VHS successivamente. Notare il paraculissimo spelling di “Porky”, con la “i” al posto della ipsilon.

    Come sappiamo già da questa mia rubrica Titoli italioti, la distribuzione cinematografica negli anni ’80 e ’90 era un vero Far West, visto che potevano inventarsi anche Balle Spaziali 2 senza conseguenze legali, ma anche L’esorcista n2 apocrifo di cui ho parlato di recente (un altro con il “n2” nel titolo!). Chiare le intenzioni di associare questo King Frat ad un film più recente e di maggiore successo, cioè Porky’s. Tutto semplice, direte. La classica furbata all’italiana, no? C’è un solo problema. Le date non tornano. Il primo e più famoso Porky’s, quello dal titolo “Porky’s – Questi pazzi, pazzi porcelloni!“, ottiene il visto per la proiezione cinematografica in Italia il 17 giugno 1982. Ma il visto censura del finto Porky’s 2 è del 5 marzo 1982, di ben tre mesi prima. Come possono aver inventato “Porky’s 2” prima che arrivasse un Porky’s 1?

    Porki’s e i due titoli paraculissimi

    La spiegazione può essere soltanto una: hanno aggiunto “PORKI’S N2” solo successivamente, probabilmente durante l’estate dello stesso anno. Questo spiega l’esistenza di locandine molto più rare – sicuramente le prime stampate – in cui compare solo il titolo “I paraculissimi”, senza quel “Porki’s n2” scritto in basso a caratteri cubitali.

    Le prime due locandine del film I paraculissimi, che non riportano la scritta porki's numero 2

    Le prime due locandine

    Inoltre, al tavolo della censura italiana è arrivato con il semplice titolo I PARACULISSIMI (anche qui senza “Porki’s n2”), ed è difficile non pensare che l’ispirazione per questo titolo non sia venuta da I fichissimi (del 1981) con Abatantuono. Diciamo che gli anni di uscita sono tutti un po’ sospetti. Quindi rimettendo insieme i pezzi possiamo immaginare che nell’estate del 1982, alla “80 International Pictures” (distributore dei Paraculissimi) vedono che Porky’s incassa bene al botteghino italiano e pensano di approfittare di un film dello stesso genere che hanno già in distribuzione nelle sale. Cambiano al volo le locandine appiccicandoci sotto un bel PORKI’S N2 – con la i al posto della y così da non essere denunciati – et voilà, lo spettatore è presto gabbato.

    Del resto, all’epoca, tra prime visioni, seconde visioni, terze visioni e arene estive, un film finiva per essere proiettato almeno per un anno intero, quindi la truffa della locandine con il titolo modificato aveva il suo perché anche con tre mesi di ritardo. C’erano ancora tanti di spettatori da gabellare!

    Meme: io ho fatto questo, tu hai fatto questo? Io ho fatto questo. Sull'appropriazione dei contenuti trovati su internet, in questo caso sul titolo Porky's

    Meme sulla distribuzione italiana (e anche su chi attinge dalle mie ricerche senza dire grazie)

    Quindi al cinema nel 1982 avreste potuto vedere sia Porky’s sia Porky’s 2, solo che il 2 era falso. Chissà se si è mai avuto un momento – nel 1983 in Italia – in cui tutti e tre i film – Porky’s, Porki’s n2 e Porky’s II – sono stati in proiezione contemporaneamente?

    Una nota sul titolo originale, King Frat, è traducibile come “il re della confraternita”, come dicevamo l’ispirazione del film viene da Animal House con le sue confraternite studentesche. Il film all’estero ha avuto anche titoli alternativi come Campus King (il Re del campus) e Delta House. Il titolo King Frat potrebbe essere un gioco di parole su “King Rat” (film del 1965) o gli sto dando troppo credito?

    Rassegna stampa

    Non posso non riportare uno stralcio di quello che hanno detto all’epoca i giornalisti italiani su questo finto seguito di Porky’s.

    PORKY’SSIMI una farsa da penitenza

    PORKY’S N. 2 I paraculissimi di Ken Wiederworm con John Disanti, Dan Chandler, Mike Grabow, Charles Pitt. Farsa americana a colori (Cinema Arlecchino). Questo film dev’essere assegnato come penitenza a chi sostiene (e magari fino a ieri non aveva tutti i torti) che il cinema italiano dovrebbe imparare da quello americano a confezionare gradevoli prodotti d’intrattenimento.
    Trama — Una sorta di mascalzoni che si chiamano all’italiana i «Pi Kappa». detta legge in un college prendendo di mira un altro gruppo di secchioni pieni di borie. Come una volta si fece in Emilia con la famosa secchia rapita, ora si tratta di contendersi una statuetta dionisiaca in chiaro atteggiamento fallocratico. Basterà che il giudice della contea sia sorpreso vestito da prete in un bordello perché scatti un tacito ricatto che porterà i «Pi Kappa» non solo all’assoluzione ma alla laurea e alla cattedra. Così i loro figlioletti saranno nuovi repellenti modelli da imitare in una società basata sulla demenza pura.
    Giudizio — La maggior parte della colonna sonora è occupata da flatulenze oscene e da ributtanti sfoghi. Gli attori, che vorrebbero forse mettere in burla gli anni Cinquanta, parrebbero presi da un correzionale o strappati a una latrina. Invece, tra l’invelenita sorpresa di quanti hanno pagato per vedere un film che non è la continuazione dello sgargiante canadese Porky’s, essi varcano l’oceano per offrire il peggio di sé stessi in un’edizione che si direbbe tradotta nel pieno rispetto della volgarità originaria.

    La Stampa, 29 aprile 1983

    Venerdì 10 Agosto 1990 il film passa in TV sul canale QUARTARETE alle 21,30. Ma chi era furbo quella sera si sarà visto Il ritorno dei morti viventi su Italia1 piuttosto. A proposito, vi butto lì una curiosità: il regista di questo film dirigerà Il ritorno dei morti viventi 2. Altra curiosità, non so perché nella locandina italiana si menta persino sugli autori, dicendo a chiare lettere “un film di Tony D’Agostino”, che non è né il regista, né il produttore, né lo sceneggiatore, né comprare in altri ruoli di cast e troupe. È la persona che ha “importato” questo film in Italia? Chi è questo Tony D’Agostino? E in che modo il film gli apparterrebbe?

    Una risposta viene dai commenti a questo articolo, l’amico Andrea Ciaffaroni fa luce sul mistero di Tony D’Agostino grazie ad una recensione del Corriere della Sera:

    Secondo la recensione del Corriere della Sera, Tony D’Agostino fu autore dei dialoghi italiani. Incollo: “Il film risulta firmato, sui manifesti e nei titoli di testa italiani, da Tony D’Agostino, ma nei titoli di coda americani si legge il nome del vero regista, Ken Wlederhorn. Il distributore giustifica il fatto sostenendo che Tony D’Agostino ha scritto i dialoghi italiani. Sembra che l’autore di La cerimonia dei sensi abbia rivendicato anche la proprietà del soggetto originale, passato a un produttore americano e poi realizzato dall’ex montatore Ken Wlederhorn, noto in Italia per Gli occhi dello sconosciuto e in America per alcuni programmi documentaristici televisivi (Orvllle and Wlibur) e numerosi lavori teatrali”. (5.11.82).

    Il doppiaggio di I paraculissimi

    Nonostante non si trovino informazioni sul doppiaggio di questo film, né su chi lo abbia adattato, posso confermare che non si tratta di un doppiaggio “minore”, anzi! Nei primi anni ’80 anche i filmetti sconosciuti venivano “graziati” da doppiaggi di alto livello che godevano dell’esperienza di attori teatrali ed è sicuramente più di quanto si merita questa commedia scoreggiona. Quindi tocca a me fare qualche nome, ma siccome le mie orecchie non vanno oltre al preside doppiato da Michele Kalamera con la sua voce da Clint Eastwood, ho chiesto aiuto al mio esperto Francesco Finarolli per stilare questa lista (per quanto parziale) di doppiatori che compaiono nei Paraculissimi.

    Scheda di doppiaggio di I paraculissimi / Porki’s n2

    Michele Kalamera: il preside Doyle (Dean Fitzgerald)
    Massimo Corizza: Genio (Robert Small)
    Mauro Gravina
    Sergio Di Stefano
    Franca Lumachi
    Daniela Nobili
    Gigi Reder: presentatore della gara di peti


    Direttore di doppiaggio
    : [sconosciuto]

    Dialoghista: [sconosciuto]

    Studio di doppiaggio: [sconosciuto]

    Un giorno forse completerò il riconoscimento dei personaggi, ma mi servirà un qualche tipo di presidio medico-chirurgico per poterlo riguardare. Intanto posso fare qualche supposizione sui dati mancanti: vista la presenza di Gigi Reder nel cast, presumo che ne sia stato anche il direttore di doppiaggio, all’epoca Reder dirigeva tanti doppiaggi e la sua presenza nella storia del doppiaggio italiano ad oggi rimane scarsamente documentata, ricordato solo per il ruolo del geometra Filini nei film di Fantozzi. Basandomi su una mia personalissima banca dati che raccoglie informazioni sugli studi di doppiaggio e sui loro interpreti, posso supporre che questo film sia stato doppiato dalla SAS – Società Attori Sincronizzati. Impossibile dire invece chi possa essersi occupato dell’adattamento italiano.

    L’adattamento italiano

    Il personaggio di Cicciobello nei Paraculissimi

    Nel film tutti gli studenti hanno un soprannome, nella versione italiana abbiamo l’immancabile “Cicciobello” (Gross-out), chiaramente ispirato al personaggio di Belushi in Animal House, “Schizzo” (Splash), il “Capo delle latrine” degli indiani Arapados (Chief Latrine del popolo Kissawong in inglese, letteralmente “va’ a baciare un cazzo”) che piuttosto dovrebbe chiamarsi “Capo Latrina”, poi ci sono “Roccia” (Jock) e “Genio”, che ha l’aspetto di Groucho Marx e in originale si chiama semplicemente Kevin, ma avevano tutti un soprannome, perché Kevin non dovrebbe averlo? Quindi si in italiano sono inventati “Genio”.

    L’adattamento italiano aggiunge turpiloquio per strappare una risata, un tentativo di migliorare dialoghi originali altrimenti molto piatti. Questo a volte funziona, altre volte meno. Alcune battute inventate in italiano risultano datate, come quelle sull’omosessualità (che in Italia quasi per legge non potevano mai mancare), ma cose come “frocio di marmo” (“stone faggot”) oppure “banda di culattoni!” (you chicken-shit faggots!) erano già nel copione originale, quindi niente che non fosse già nelle intenzioni degli autori. L’ho già detto che è un film terrificante?

    Come ha scritto un giornalista de’ La Stampa nel 1983: “varcano l’oceano per offrire il peggio di sé stessi in un’edizione che si direbbe tradotta nel pieno rispetto della volgarità originaria“. Quarant’anni dopo posso confermare con autorevolezza che è assolutamente vero.

    Le alterazioni nei dialoghi non sono neanche degne di nota, forse perché è il film a non essere degno di nota. Annoto qui giusto la solita “pepperoni pizza” che diventa pizza ai peperoni: “one pepperoni and peanut butter” ⇒ “una pizza con peperoni e marmellata“. Il burro d’arachidi diventato marmellata probabilmente per far capire chiaramente che si trattava di una pizza disgustosa, come l’intero film. Ho trovato comica una sola battuta “È stato espulso da alcune delle migliori scuole del paese” e il dare un accento napoletano al presentatore della gara di scoregge, forse perché mi ricorda il produttore di film pornografici del film I nuovi mostri, chi ha visto quel film capirà. In originale credo che il presentatore avesse un accento da ebreo americano.

    Cicciobello con la bambola gonfiabile in un bagno lurido. Una scena dal film I paraculissimi

    Animal House sul set di Trainspotting

    Il film più lurido mai visto

    Finché il link di YouTube dura, il film è visibile per intero qui. Ma non è una visione consigliata a meno che non facciate ricerca storica sui cloni di Animal House. Non ho mai visto un film più scoreggione e più lurido di questo. Se la casa della confraternita di Animal House era sporca e devastata in modo “cinematografico”, quella che vediamo in King Frat sembra fin troppo reale, come se avessero girato gli interni in una vera casa di eroinomani e ogni cosa che si vede nel film è lurida, serve un antibiotico per finire di vederlo tutto. È come un Animal House girato sul set di Trainspotting. Quasi se ne sente la puzza. Non pensavo di essere una persona impressionabile finché non ho visto I paraculissimi. Le porcate che faceva Belushi in Animal House tipo riempirsi la bocca di cibo per poi schiacciarsi le guance e sputarlo a getto sui malcapitati erano niente rispetto a “Cicciobello” che ingurgita merda e caca in continuazione nella “peggiore toilet della Scozia” (cit.). Non è un caso che per la copertina della VHS americana abbiano deciso di adottare lo stile visivo degli Sgorbions (scusate per i miei riferimenti da millennial).

    Copertina VHS americana dei Paraculissimi, titolo originale king frat. Lo stile dell'illustrazione è quello degli Sgorbions

    VHS americana in stile Sgorbions

    La cosa più allucinante è che dopo 70 minuti di flatulenze e deiezioni, il film faccia un fugace omaggio a Macbeth di Shakespeare con i nemici che avanzano camuffati da cespugli. Chapeau, ma con scoreggia. Mi stupisce inoltre che tra una flatulenza e l’altra gli sceneggiatori abbiano trovato il modo di infilarci anche delle piccole trame (oltre a quelle clonate da Animal House), ma non ci illudiamo, la commedia è puramente scatologica, inizia con culi appesi fuori dai finestrini di un carro funebre che scoreggiano su ignari passanti [NdA: i peti e i dialoghi in quella scena sono aggiunti nel doppiaggio italiano, mi fa notare il lettore Vasco Serafini in un commento su Facebook] e finisce con un bambino piazzato a caso davanti alla cinepresa che guarda il pubblico e con un rutto fa partire i titoli di coda.

    Un ringraziamento ad Andrea Lanza del blog MalastranaVHS che mi ha fatto scoprire questo titolo italiota con la sua recensione dei Paraculissimi. Uno pensa di averli sentiti tutti i titoli italioti e invece di paraculate ne sono state fatte tante all’epoca e se ne scoprono sempre di nuove!

    [rutto di chiusura]

  • TITOLI ITALIOTI: L’esorcista n.2… quello apocrifo!

    due locandine a confronto, Un urlo dalle tenebre e L'esorcista n.2 ...e il mio grido giunga a te (1975) sequel apocrifo dell'esorcista di friedkin

    Presentato al tavolo della censura nel giugno 1975 come “Un urlo dalle tenebre“, questo film arriva in sala anche con un secondo titolo: “L’esorcista n.2” e sottotitolo “…e il mio grido giunga a te…” (una frase del rituale che sentiamo nel film). Nella locandina intitolata “L’esorcista n.2” il nome del regista Angelo Pannacciò viene sostituito da uno pseudonimo: Franck C. Lucas (sì, Frank con una “c” di troppo) che si vocifera stia al posto di Franco Lo Cascio, il regista che avrebbe iniziato il film per poi abbandonarlo prima della fine della produzione, sostituito da Pannacciò. L’uso di uno pseudonimo fa pensare ad una truffa vera e propria, in cui forse si è tentato di far credere ad un legittimo seguito dell’Esorcista di William Friedkin e non a della banale “exploitation” italiana.

    Locandina di L'esorcista n.2 ...e il mio grido giunga a te con Richard Conte

    Richard Conte in “Ma che ci faccio in questo film?”

    L’esorcista n.2, il sequel apocrifo dalla distribuzione travagliata

    La trama ricalca ovviamente quella del più famoso Esorcista, quasi scena per scena. Il posseduto qui non è una bambina ma Piero, un ragazzo con la zazzera più incredibile mai vista. E chi si sacrifica alla fine non è un prete ma una suora, ma anche con questi cambiamenti, le scene che ricalcano L’esorcista di Friedkin si riconoscono ad occhi chiusi (il party interrotto dal posseduto, le scene oniriche, la visita medica, etc… troppe per menzionarle tutte). Se avesse avuto grande successo sicuramente sarebbero arrivati in tribunale per plagio, ma nell’Italia degli anni ’70 non solo la cosa passava inosservata, ma veniva addirittura sottolineata da un titolo truffaldino: L’ESORCISTA n.2! E Friedkin muuuuto!

    Non si capisce perché gli italiani prendano in giro gli “Star Wars turchi” quando in Italia facevamo esattamente le stesse cose.

    Fotobusta del film L'esorcista n.2 ...e il tuo grido giunga a me, anche noto come Un urlo dalle tenebre, del 1975

    Più che un indemoniato pare scemo

    La commissione di censura gli regala un bel divieto di visione per i minori degli anni 18 per “la tematica stessa del film” (lu Dimonio!) “nonché dalle numerose sequenze di rapporti sessuali descritti con eccessivo realismo, sì da far ritenere l’intero film controindicato per le esigenze di tutela dei predetti minori“. Non contenti di un VM18 al pari di un film pornografico, la commissione richiede (ed ottiene) anche i seguenti tagli:

    1) Scena dell’accostamento del calice con l’ostia ed il movimento sessuale della donna;
    2) Scena in cui la donna si scopre il pube nella camera del ragazzo;
    3) Alleggerimento del rapporto sessuale del ragazzo con la madre;
    4) Alleggerimento del rapporto sessuale del ragazzo con la sorella;
    5) Eliminare le scene che riguardano il ricordo del ragazzo con rappresentazioni di accoppiamenti di gruppo.

    La storia della sua censura e della distribuzione mondiale di questo film è certamente più interessante del film stesso, ad oggi non è ancora mai emersa versione completa non censurata, e paesi diversi sembrano censurare il film in modo diverso, reintegrando alcune scene tagliate per la distribuzione italiana, e omettendone altre. Un passaggio televisivo italiano in tempi più recenti ha addirittura riportato alla luce qualche scena che si riteneva perduta per sempre, in merito a questa curiosa scoperta Nocturno.it ha pubblicato un resoconto completo che consiglio ai più curiosi di leggere. Il passaggio televisivo su Cielo nel 2020 è stato nominato anche in un approfondimento dedicato alla travagliata storia di questo film su Malevolentdark.com (in inglese), che mi ha fatto scoprire che al mondo esistono addirittura persone appassionate a questo film. Wow. Non ho parole.

    L’esorcista n.2 in alcuni paesi è anche L’esorcista III

    VHS inglese con titolo The Exorcist III

    Quando L’esorcista 2 è già uscito, ci si inventa il 3.

    All’estero L’esorcista n.2 è arrivato con titoli altrettanto truffaldini come The Return of the Exorcist (Stati Uniti), The Posessor (Stati Uniti) con frase slogan “the final challange of the Exorcist” (la sfida finale dell’esorcista) e addirittura Exorcist III: Cries and Shadows (Regno Unito), sicuramente perché nel frattempo era già uscito il vero Esorcista 2. È la semplice regola algebrica dei titoli dei sequel apocrifi: x+1. Che tocca fare alla distribuzione per portare a casa la pagnotta.

    Purtroppo l’adattamento italiano non ha niente di curioso da dirci, è un film che non offre altro che il suo titolo, il titolo di un seguito… falso come Giuda.

    Dove vedere L’esorcista n.2 (se proprio ci tenete)

    Anche se ne sconsiglio la visione, finché dura il link potete vedere il film per intero qui. Ma vi consiglio L’esorciccio piuttosto.